Agenda cinema: dai premi alle sale

Bonjour mes femmes!
Eccomi di nuovo a voi con brevi appunti di cinema dopo la serata degli Oscar che ha conferito la statuetta per il miglior film a Moonlight, l’opera ‘nera’ di Barry Jenkins che narra tre fasi di vita di un ragazzo di colore nei sobborghi di Miami: la sua povera infanzia con la madre drogata in una zona malfamata, dove viene quotidianamente ‘bullizzato’ dalla gang del quartiere e dove l’unico a prendersi cura della sua ‘educazione’ è l’attempato spacciatore Juan (Mahershala Ali, premio come miglior attore non protagonista); poi i suoi turbamenti adolescenziali legati alle attenzioni omosessuali dell’amico Kevin e, in ultimo, la situazione da adulto, in cui Chiron è diventato a sua volta spacciatore e gira armato nella periferia degradata di Atlanta, definitivamente schiavo del suo percorso esistenziale, seppure con una delicata svolta finale che non vi svelo.
Il film, adattamento cinematografico di una pièce teatrale di Tarell A. McCraney, è uscito da pochi giorni nelle sale italiane e, se già prima meritava la visione, ora l’affermazione agli Oscar aggiunge di sicuro un motivo in più.
Una vittoria con ‘suspense’ – come avrete sentito – perché all’inizio Warren Beatty aveva annunciato: “The winner is…La La Land!”, salvo poi correggersi spiegando l’equivoco originato da un foglio sbagliato.
Forse un lapsus non casuale, visto che il musical di Damien Chazelle – del quale vi ho già parlato in occasione dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia – si è aggiudicato ben 6 Oscar (regia, scenografia, colonna sonora, canzone originale, fotografia e migliore attrice protagonista alla splendida e brava Emma Stone).
Verrà senz’altro riproposto nelle sale e per chi non l’avesse ancora visto è una chance da non perdere (sul maxischermo è meglio rispetto al DVD che uscirà a breve).
Il terzo film che vi suggerisco esula invece dal contesto degli Oscar e segna l’atteso ritorno dietro la macchina da presa del regista Paul Verhoeven (Basic Instinct, Showgirls e L’uomo senza ombra tra i suoi maggiori successi), anche stavolta impegnato con un soggetto scomodo affrontato con il suo solito stile anticonformista e provocatorio. Si tratta di Elle, pellicola intrigante che racconta la vicenda di Michèle (una strepitosa Isabelle Huppert), donna forte e indipendente con un passato ‘difficile’, essendo figlia niente meno che di un serial killer, un pluri-assassino condannato all’ergastolo che lei non vede da molti anni.
Diventata con impegno una ricca manager di successo, amministratrice di una software house di videogiochi, una sera subisce uno stupro ad opera di un predatore incappucciato e la sua reazione è a dir poco singolare: quasi ignora il fatto, lo circoscrive, continuando ad andare avanti come se niente fosse, ma, al contempo, cercando di scoprire l’identità del violentatore in una personale indagine venata da alcune ambiguità.
Non è, per intenderci, la classica vittima assetata di vendetta, è un ruolo che proprio non fa parte del suo carattere.
La sua risolutezza non ammette ipocrisie, al punto da riversare dosi di cinico realismo perfino sulla madre e sul figlio un po’ tonto che pare non accorgersi che il neonato mulatto avuto da sua moglie è frutto di un tradimento.
Ma anche Elle non è una santarella, e neppure finge di esserlo: single da diversi anni, va a letto col marito della sua migliore amica, seduce per sfizio il vicino di casa sposato con una cattolicissima moglie, prende decisioni spietate sul lavoro e infine… una volta scoperto il suo stupratore, invece di denunciarlo alla polizia, inizia con lui un gioco crudele e ricattatorio di tipo sado-masochistico… insomma, Michèle/Elle è una figura decisamente ‘dark’ che scardina ogni luogo comune del perbenismo borghese di maniera (sociale e cinematografico) con una fluida esplosione di libertà amorale, senza vergogna né sensi di colpa.
L’effetto è dirompente, una mina vagante nelle certezze dello spettatore, per nulla blandite o confermate da una trama edificante, ma, al contrario, messe in discussione in una sfida critica, punzecchiate da un cinema anarchico che sovverte le aspettative, dove forse il risultato ‘catartico’ è generato dalla progressiva evoluzione di Michèle verso un orizzonte finale meno egoista e più consapevole.
E nei panni di questo spiazzante personaggio femminile la bravura della Huppert è straordinaria, tanto da rendere realistiche e ‘normali’ situazioni che in realtà sono all’opposto.
La sua interpretazione è la chiave di tutto il film.
Una pellicola che, dopo la presentazione al Festival di Cannes 2016, lo scorso 8 gennaio ha vinto ben due Golden Globe: uno come miglior film straniero e uno conferito a Isabelle Huppert come migliore attrice protagonista di un film drammatico.
Ecco, avevo iniziato con gli Oscar e adesso, senza volerlo, sono tornata ai premi… cerchio perfetto per chiudere questi miei brevi appunti, che vi giro come semplici suggerimenti da considerare (o ignorare) qualora vogliate scegliere un film per trascorrere una serata di marzo davanti al grande schermo.
Ah… dimenticavo: il film “Elle” di P. Verhoeven sarà in programmazione nelle sale italiane fra circa tre settimane.
Bene, ora non mi resta che salutarvi con un abbraccio lasciando campo libero ai commenti e, naturalmente, ai consigli cinematografici che a vostra volta potrete inserire e condividere nel nostro speciale Cine-Forum Touché!
À bientôt mes Amis!